Le notti del G8

Silenzio, buio. L’illuminazione stradale non basta a squarciare la notte; la città è vuota, spenta. Automobili e cassonetti ancora fumanti, vetrine infrante. La nostra auto prosegue a zig zag evitando detriti d’ogni genere. Un carro attrezzi sposta la carcassa di un’auto, una squadra di spazzini comincia a pulire. Poche persone raggruppate vicino ad una vetrina sfondata. Più avanti un uomo ci ferma, ci vuol far vedere l’auto, distrutta, che il figlio aveva comprato pochi giorni prima. Pochi metri e vediamo tre giovani che trafficano intorno ad un’altra macchina, ci allontaniamo. In via Cecchi troviamo i Vigili del Fuoco che stanno spegnendo un cassone dei rifiuti ingombranti che ancora sta bruciando.
Poi, piazza Alimonda, i ragazzi attorno ai lumini rossi posati sull’asfalto, in mezzo ai fiori. Filmo da lontano, la mia telecamera è troppo visibile, ingombrante, inopportuna. La tensione, che aleggia su tutta la città, qui è altissima. Tensione e rabbia, sconcerto, dolore. Tensione che ci tiene all’erta fino alle luci dell’alba, nel timore che possa succedere qualcosa, ma non accade nulla. Il giorno dopo, la grande manifestazione, la lascio ai colleghi. Quando riprendo servizio, alla sera, il clima è ormai di smobilitazione. Faccio un giro di controllo, la zona più segnata è quella della Foce; le scene sono le stesse della notte precedente con in più l’odore residuo, acre, dei lacrimogeni. Riprendo qualche immagine e poi rientro in sede, tutto sembra finito.
La notizia che sta succedendo qualcosa alla scuola Diaz, uno dei luoghi di accoglienza dei manifestanti, arriva poco dopo; parto. All’inizio della strada che porta alla scuola ci sono molti mezzi dei Carabinieri; posteggio l’auto e proseguo a piedi. Incrocio due ambulanze in senso contrario, butta male. Auto e mezzi della polizia ingombrano la strada, poi un assembramento: poliziotti, gente che vaga, un gruppetto di ragazzi ammanettati; uno grida in inglese, che gli hanno promesso botte, continua a ripetere la stessa frase gridando, non smette mai. La scuola è più avanti, dopo l’incrocio, ma la polizia blocca l’accesso; ancora ambulanze che vanno via, lampeggianti accesi, sirene mute. Siamo in gruppo, bloccati, giornalisti e qualche fotografo, cerchiamo di capire. Sembra che ci sia stata irruzione della polizia nella scuola e scontri con gli occupanti, e arresti. Gli avvocati del GFS sono agitatissimi: protestano, accusano la polizia di violenze. Poi gira voce che i no-global accampati allo stadio Carlini stiano uscendo e che stiano venendo qui alla Diaz per scontrarsi con la polizia. Con i colleghi decidiamo di spostarci, se rimaniamo qui rischiamo di rimanerci in mezzo. Mi apposto all’inizio della strada, insieme a un fotografo, chiamo in sede. Il Caporedattore mi dice di rientrare velocemente, per portare le immagini girate fino al momento. Rientro ma riparto subito con un aiuto, richiamato nel frattempo in servizio e andiamo verso il Carlini, a cercare il fantomatico corteo. Però non c’è nessuno per strada e il Carlini è completamente vuoto. Quindi sono effettivamente usciti e siccome non li abbiamo incrociati, pensiamo che potrebbero aver deciso di fare il giro da Albaro per raggiungere la Diaz da sotto. Torniamo in Corso Europa, ho la telecamera in spalla, pronto a riprendere. La strada è larga e vuota, un nastro nero inutilmente illuminato dai lampioni. Poi, laggiù, qualcosa…ci avviciniamo un po’: è un corteo, nella notte, silenzioso, assurdo, impensabile, ordinato all’interno di una corsia. Devono essere quelli usciti dal Carlini, ma dove vanno? Non capisco. Riprendo qualche immagine da lontano, poi ci avviciniamo, con prudenza. Raccomando al collega di stare nella corsia di sinistra, pronto ad invertire la marcia e scappare via…affianchiamo la coda del corteo e sto riprendendo in continuazione, attendendo la reazione; ecco, si accorgono della macchina, il logo RAI è evidente sul cofano e sulla fiancata e… e ci fanno festa ??? Sì, sono contenti di vederci e cominciano a gridarci:” Restate con noi, non ve ne andate, per favore restate! “
Accidenti, altro che attacco alla Polizia: questi hanno saputo dell’incursione alla Diaz e stanno scappando. Scendo dalla macchina e m’infilo nel corteo; molti sono giovani ma c’è gente di mezz’età, anche qualche anziano; in maggioranza sono italiani ma c’è anche qualche straniero. Chiedono notizie, raccolgo qualche voce, qualche testimonianza al microfono. Sono spaventati e non hanno un piano, cercano solo di uscire dalla città. Restiamo più che possiamo, poi dalla redazione riescono a contattare il Comune che manda dei pullman per portarli alla prima stazione ferroviaria sicura. Li lasciamo e torniamo alla Diaz.
Il blocco alla scuola era finito e sono potuto entrare. Le immagini che ho girato penso le abbiano viste e riviste tutti, nei telegiornali e negli speciali. Io le ho viste dal vivo, scene crude e orribili, sangue dappertutto; sangue sui pavimenti, sulle coperte e sui vestiti lasciati a terra, sulle vetrinette rotte e sui muri, strisciate di sangue lungo i muri delle scale. Immagini che mai avrei pensato di vedere in una scuola, in una città italiana, nel 2001.
Immagini che non dimenticherò; ma la scena che ho stampata in testa, che rivedo chiudendo gli occhi, anche ad anni di distanza, è quel corteo di gente spaventata che, nel silenzio della notte, fugge dalla violenza della Genova del G8.

Enrico Benedetti

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