Cancel Culture

Da un po’ di tempo a questa parte, la destra non solo italiana tuona contro la cancel culture e il politically correct che a loro dire non permetterebbero più la libertà di espressione.

Anche le persone più distratte si saranno imbattute nella polemica per il bacio del principe a Biancaneve: per almeno un paio di giorni abbiamo letto articoli pieni di vis polemica contro il politicamente corretto per scoprire (in realtà a polemica ancora in corso) che la notizia era una bufala.

Proprio a seguito di questo episodio, Valigia Blu (ottima fonte di informazione che vi consiglio di seguire se ancora non la conoscete), postava un articolo molto chiaro sulla cancel culture e intanto la bravissima Arianna Ciccone smontava, uno per uno, tutti gli esempi di cancel culture in Italia (statua di Montanelli imbrattata a Milano, statue dei musei capitolini coperte in occasione della visita del Presidente iraniano Rohani…). Insomma la cancel culture, al pari del “gender”, non esiste, ma grazie all’eco mediatica che viene costantemente garantita a chi grida più forte, una larga fetta di persone si sta convincendo ogni giorno di più che le nostre radici storico-culturali verranno eliminate per sempre, anche grazie all’evocazione dei roghi di libri.

Ma mentre ci dicono che “non si può più dire niente”, nella nostra città sembra che il concetto di “corretto” abbia assunto una strana accezione

14 maggio 2021: viene inaugurata a Carignano, con tanto di sorvolo della città da parte delle Frecce Tricolori, la statua di Giorgio Parodi, co-fondatore della Moto Guzzi ma anche volontario nella guerra imperialista d’Africa. La statua, che avrebbe potuto ritrarlo nelle vesti civili o di fondatore dell’Aeroclub di Genova, lo ritrae invece in divisa con tanto di berretto con il fregio della Regia Aeronautica, quella con cui nel periodo tra il 1936/1937, Parodi bombardò Etiopia ed Eritrea.

8 maggio 2021: a Genova, tutta la zona intorno a Piazza Palermo, viene interdetta per l’intera giornata per permettere a CasaPound e a Lealtà e Azione di celebrare il cinquantunesimo anniversario della morte di Ugo Venturini, militante del MSI morto durante degli scontri a seguito di un comizio di Almirante in città.
(nel 2012, l’allora Sindaca Marta Vincenzi, come gesto di pacificazione nei confronti degli storici militanti della destra sociale genovese e per mettere fine all’odio politico degli Anni di Piombo, aveva intitolato il viale in cui era stato colpito proprio a Ugo Venturini a Brignole).

5 maggio 2020: il consiglio comunale di Genova approva la mozione per intitolare il porticciolo di Nervi a Luigi Ferraro, pioniere della subacquea moderna in Italia, ma principalmente famoso per la sua adesione alla Repubblica Sociale e la partecipazione a numerose azioni della X Mas.

dicembre 2019: si decide l’intitolazione di un ponte in Val Bisagno a Fabrizio Quattrocchi, contractor genovese ucciso in Iraq. Dopo le numerose proteste, la stessa sorella di Quattrocchi, Gabriella, ha chiesto al Comune di fare un passo indietro per evitare polemiche sul nome del fratello.

29 aprile 2018: il consigliere delegato Sergio Gambino partecipa al cimitero di Staglieno alla commemorazione dei caduti della RSI, a cui hanno partecipato i militanti del movimento di estrema destra Lealtà Azione e che hanno pure organizzato un corteo militaresco alle spalle del rappresentante del sindaco che indossava la fascia tricolore.

Gli esempi insomma non mancano e chi ha più memoria di me, ne potrebbe sicuramente citare altri; intanto questa giunta così illuminata e così attenta alla libertà (ma solo di chi la pensa come loro) tra il 2019 e il 2020 ha rifiutato l’intitolazione di una piazza a Fernanda Pivano (decisione che per fortuna e forse per le numerose proteste sollevate, si è ribaltata nei mesi scorsi) e sempre nel 2020 il Municipio Centro Est ha bocciato l’intitolazione di un giardino a Edoardo Sanguineti adducendo come motivazione il fatto che non avesse particolari legami con il luogo.

Penso che tutti e tutte conosciamo il “paradosso di Popper” secondo il quale una collettività caratterizzata da tolleranza indiscriminata è inevitabilmente destinata ad essere stravolta e successivamente dominata dalle frange intolleranti presenti al suo interno e per cui la conclusione, apparentemente paradossale, consiste nell’osservare che l’intolleranza nei confronti dell’intolleranza stessa sia condizione necessaria per la preservazione della natura tollerante di una società aperta.

La tolleranza e i tentativi di pacificazione del passato stanno portando ad un evidente processo di revisionismo storico, che al contrario della cancel culture, è reale e molto pericoloso.

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